Napoli | Italia

Collezione Agovino

Fabio Agovino è consulente finanziario

Che cosa significa per te collezionare?

È ciò che mi permette di dare senso al mondo. È il mio sguardo sulla realtà, che si confronta e si scontra con tutto ciò che mi circonda, scavando nella mia personalità, nella mia identità, nel mio pensiero più intimo. Non riuscirei a immaginare la mia vita senza l’arte, significherebbe smettere di sentire, di entrare in contatto con il mondo e travalicarne i limiti materiali.

Quando e perché hai iniziato a collezionare?

Avevo 28 anni quando ho comprato la mia prima opera,  “Paesaggio anemico” di Mario Schifano del 1970, acquistato presso la Galleria De’ Foscherari di Bologna. Da quel momento non mi sono più fermato, pur cambiando direzione e orientando il mio interesse verso artisti contemporanei.

Patrizio di Massimo, Mister, 2014

Pedro Neves Marques, fMpreg

Pedro Neves Marques, fMpreg—The Babies

Con chi condividi la passione?

È una ricerca continua che svolgo con me stesso, ma che condivido anche con mia moglie e le mie due figlie. L’arte è il mezzo più adatto per scoprire il potenziale delle energie vitali dei bambini. Per tale ragione, ho dedicato una parte della collezione alle mie due figlie. Inoltre condivido la mia passione con la mia città, Napoli, ponendo in dialogo le opere della mia collezione con luoghi storici e non deputati all’arte. Penso a due mostre che ho realizzato: “Dio C’è” nel 2015 nella mia casa trasformata per l’occasione , e “Frammenti di Paradiso” nel 2017 nella magnifica Chiesa di San Giuseppe delle Scalze. Lo scorso anno, invece, ho contribuito alla realizzazione della bellissima performance “The School of Narrative Dance, Napoli” di Marinella Senatore, una parata che da Piazza dei Martiri è giunta sino al Palazzo Sessa, svolta in collaborazione con la Galleria Laveronica e con il supporto di IWbank, banca per la quale lavoro e con la quale stiamo continuando il percorso che lega arte e finanza, da me iniziato qualche anno fa.

Anche con altri collezionisti?

La mia avventura con il collezionismo è iniziata in solitudine, ma nel corso degli anni ho scoperto il piacere di condividere le mie visioni con altri collezionisti amici. Penso a Vittorio Gaddi o a Francesco Taurisano, con i quali andiamo alle fiere, visitiamo mostre e discutiamo su ciò che vediamo o leggiamo. Credo fermamente che il confronto sia una modalità importante per compiere un avanzamento.

Alberto Tadiello, Taraxacum, 2012

Andres Serrano, Mother and Child, 2011

Il focus della tua collezione?

Come ho accennato prima, l’arte è per me un percorso di introspezione volto a scoprire e interpretare me stesso e il mondo. È questo il motivo che mi spinge a collezionare. Immagino le mie opere come tessere di un mosaico, che cambia forma, diviene più grande o più piccolo, viene messo in discussione continuamente e soprattutto che non avrà mai fine. Non vedrò l’immagine finale, perché se la vedessi vorrebbe dire che mi sarei fermato. Le opere che scelgo, di cui mi innamoro, aggiungono un tassello al mosaico, ma restano vive e tentano nella loro trascendenza di superare il confine con la realtà terrena.

Roberto Cuoghi, SS(XXIVP)c, 2016

Quante opere possiedi?

La mia collezione, all’inizio indirizzata verso il figurativo e gli artisti storicizzati e poi entrata nel vivo del contemporaneo, è cresciuta e cambiata negli anni, arrivando oggi ad accogliere circa duecento opere, tra sculture, dipinti, fotografie, installazioni, video e registrazioni sonore.  

Hai catalogato le tue opere in un archivio digitale?

L’archivio è un elemento importante della mia collezione. È il mio modo per prendermi cura delle opere, nel loro presente e nel loro futuro. Possiedo un archivio cartaceo, che ho riordinato negli ultimi anni, e recentemente ho iniziato ad archiviare le opere con un pratico software di gestione, Archeto, dopo un primo tentativo su un precedente software.

Alina Chaiderov, Gather, 2017

Giulia Piscitelli, Madonna col Bambino tra i Santi Francesco e Chiara, 2016

Il linguaggio artistico che ti appassiona maggiormente?

Non ho preferenza alcuna tra i linguaggi artistici. Nella mia raccolta sono presenti diverse tipologie di opere, dalle installazioni alle pitture, dalle sculture ai video, dalle fotografie ai suoni. Penso ad un bellissimo lavoro audio di Luca De Leva dal titolo “Anna Maria” (2015), che ho trovato profondo ed evocativo sin dal primo ascolto, o all’installazione di Niccolò De Napoli realizzata alla Fondazione Made in Cloister nel 2019, che mi ha catturato all’istante senza che conoscessi il lavoro dell’artista. L’arte è un’esperienza, un viaggio interiore, che a mio avviso non può essere circoscritto ad una categorizzazione tipologica.  

L’ultima opera che hai acquistato?

Due fotografie di Pedro Neves Marques. Ho avuto modo di conoscere e apprezzare il suo lavoro grazie alla Galleria Umberto Di Marino. La sua ricerca si concentra sui processi di formazione socio-economici e culturali e sulla dicotomia tra natura e artificio, tra uomo e ambiente, oggi sempre più investigata e urgente.

Kiki Smith, Serpente, 2000

L’acquisto mancato: per quale motivo?

Nella mia vita da collezionista, molte sono state le rinunce. Ricordo che ad Artefiera di tanti anni fa mi fu offerto un piccolo ma potente lavoro di Yayoi  Kusama. Rifiutai a favore di un’opera di un artista meno conosciuto, ma di grandi dimensioni e forte impatto spaziale. In seguito la rivendetti.

Cinque opere nella tua lista dei desideri e perché?

Recentemente sono rimasto molto colpito da un lavoro di Nina Canell, esposto nella mostra collettiva “Trasmissions” curata da Alex Bacon presso la galleria Vin Vin di Vienna. La sua capacità di unire concretezza e spiritualità all’interno della materia, quella più industriale, dialoga perfettamente con le opere della mia collezione, sempre in bilico tra forme materiali e forze immateriali.  Ci sono poi altri artisti che mi piacerebbe avere in collezione, come Adriano Costa, Gina Folly, Isabella Ducrot, Luca Francesconi o Francesco Gennari.

Lena Henke, After Hang Harder, 2016

Francesco Arena, Cumulo (scarpe e macerie), 2016

L’importanza dei social network per i tuoi acquisti?

I social media sono oggi il luogo forse di massima diffusione del materiale artistico, soprattutto Instagram. Ho un profilo della collezione e mi piace molto seguire gli artisti, i collezionisti, i curatori e gli altri attori del mondo dell’arte.

Ti piace conoscere gli artisti che collezioni?

Amo  seguire da vicino l’attività e l’evoluzione degli artisti che ho in collezione o che mi piacerebbe avere. Il processo creativo è parte fondante del lavoro stesso. Ogni artista ha una propria personalità, una ricerca, una  storia, che contribuiscono alla conoscenza del suo lavoro. Ho ospitato molti artisti nella mia casa e condiviso con loro serate, visite a mostre e studi: esperienze uniche che continuerò a fare. Nelle attività di supporto agli artisti , rientrano, oltre all’acquisto di un’opera, anche la sponsorizzazione di un progetto o il contributo per un catalogo. Nel 2015 ho avuto il piacere di contribuire al progetto di James Beckett per il padiglione del Belgio a Venezia; di recente ho messo a disposizione la mia casa per la presentazione del libro di Ana Manso.

Tobias Zielony, Vela Gialla, 2019

Joanna Piotrowska, Untitled, 2016

Raphaela Vogel, "Iltschi", 2015

Tra i protagonisti del mondo dell'arte che hai incontrato, chi ti ha maggiormente colpito?

Tante! Ho la fortuna di vivere a Napoli, città bellissima che è sempre stata punto d’incontro per tante personalità da luoghi e culture diverse. Ho conosciuto galleristi fantastici, come Marco Altavilla e Paola Guadagnino di T293, che mi hanno introdotto al contemporaneo, o Raucci/Santamaria, che hanno contribuito anche ad impreziosire la mia casa, o ancora Umberto Di Marino, grande esperto di storia dell’arte e Laura Trisorio, gallerista dal gusto raffinato. A loro si aggiungono amici galleristi di altre città, come Giuseppe Alleruzzo e Raffaella Cortese.

Tra gli artisti, Martin Soto Climent, che ho incontrato durante le sua prima mostra da T293 e con il quale è nata subito un'incredibile sinergia che tutt’oggi ci tiene uniti. Abbiamo iniziato il viaggio nell’arte contemporanea insieme, io come collezionista e lui come artista, seppur divisi geograficamente, e oggi siamo grandi amici. C’è poi Luca Bertolo, artista e intellettuale, che ho avuto il piacere di ospitare a casa in occasione della presentazione del suo bellissimo libro “I baffi del bambino” sul rapporto tra arte e politica e sulla crisi della critica; e ancora Francesco Arena, e altri…

Tra gli artisti contemporanei chi vorresti invitare a cena? Per quale motivo?

Michael E. Smith, artista che seguo da molti anni e di cui ho tre splendidi lavori in collezione. Assemblando e manipolando gli oggetti e i materiali che trova, ne modifica la forma e ne travalica i limiti di significato, di tempo e di spazio. La sua predilezione per l’assurdo e per la tensione, per l’iconicità e la trascendenza, mi ha sempre affascinato. Le sue opere conducono il mio pensiero ad una investigazione profonda della nostra umanità, delle sfide sociali, etiche ed economiche che animano il nostro tempo.

Dan Rees, Untitled, 2013

Darren Almond, Toil, 2010

Hai mai prestato opere della tua collezione? Se sì, ci racconti l’esperienza?

Certamente, per me è importante esporre le opere. Ho prestato a importanti musei, tra cui il MoMA di New York, il Madre di Napoli, la Parasol Unit di Londra, la Art Gallery of Alberta (Canada), la Triennale di Milano. L’ultima richiesta mi è pervenuta dalla Fondazione Pino Pascali qualche mese fa per un’opera di Zhang Huan, artista vincitore della XII edizione del Premio Pino Pascali. Prestare le opere è una cosa che mi rende fiero, spero di poterlo fare ancora.

Esther Kläs

Haris Hepaminonda

Fabio Agovino, fotografia di Danilo Donzelli